La risposta a questa domanda dovrebbe essere semplicissima e banale e cioè “a fare cultura”, ma quando la “cultura” manca o, peggio ancora, quando non è chiaro il significato di “cultura”, al bene culturale viene assegnato un valore finanziario, che ovviamente porta ad un commercio e, di conseguenza ai “vincoli di tutela”.
Ipotizzando, per un momento, che una “Ferrari” venga ufficialmente definita “bene culturale”, di certo rischierebbe di finire (in base alla legislatura vigente) in un deposito di qualche museo, insieme a molti reperti archeologici e, come questi, destinata al degrado (magari con una scheda che ne ricorda le vittorie).
Sicuramente, l’eventuale visitatore del museo (statisticamente poco esperto di motori), osservandola, si chiederà “ma come è possibile che abbia raggiunto certe velocità?”.
Quanto sopra diventa impossibile se la stessa macchina viene conservata in un museo dell’automobile, magari, proprio della Ferrari. Se, poi, il museo dell’automobile dovesse venir meno, della Ferrari sopravviverebbe sicuramente il “mito”, ben diverso dal “ferro vecchio”.
Analogo discorso va fatto per i beni culturali. Sicuramente solo un anziano trullaro è in grado di descrivere il “funzionamento di un trullo”, ma non sarà in grado di documentarlo con le nuove tecnologie D’altra parte il nipotino, avviato alle nuove tecnologie, potrebbe cimentarsi nella realizzazione del trullo con i mattoncini “LEGO” o con un programma di modellazione tipo SkechUp (gratuito). Sicuramente mostrerà il risultato del proprio lavoro al nonno e questi non potrà fare a meno di fare, con dolcezza, le proprie critiche.
Il lavoro sarà sicuramente migliorato e finirà su Internet, nella Galleria delle Immagini 3D di Google.
Con altrettanta certezza qualche studioso o esperto scaricherà il modello, lo modificherà in meglio o in peggio e lo rimetterà in rete.
Si attiverà automaticamente un gruppo di discussione, magari tra esperti di diverse nazionalità.
Di qui, per comunicare, tutti saranno costretti ad imparare nuove lingue, magari con il metodo degli emigranti e, in ogni caso, si farà cultura.
Qualcuno si chiederà perché, in questo futuro “immaginario”, abbiamo “saltato” la figura del padre. La risposta è banale: “i nostri protagonisti giocano, mentre il padre è troppo impegnato nel “lavoro”, magari in qualche soprintendenza o in qualche scuola di architettura”.